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Passage

Memento mori

Passage

La vita è un passaggio; per questo la fine di Passage poteva coincidere solo con la morte del protagonista. Cinque minuti, tanto dura la sua vita, dipanandosi attraverso un labirinto che il gioco ci permette di perlustrare. Il labirinto è infinito, come le possibilità che ciascuna vita può avere, e pur sviluppandosi in tutte e quattro le direzioni cardinali, ne è visibile sempre e solo una piccolissima parte, come le possibilità che la vita in realtà ci concede.

Il protagonista comincia la sua avventura all’estrema sinistra dello schermo, avvicinandosi progressivamente alla parte destra. Durante il percorso la figura del personaggio si evolve: da giovane con abiti sgargianti e capelli biondi, con la maturità si fa calvo con abiti dai colori dell’autunno, fino alle fasi finali del gioco, quando è solo un vecchio ricurvo su se stesso che usa un bastone per riuscire a camminare.

Il percorso è lineare nella parte alta del labirinto e si complica scendendo in profondità, proprio come quando la vita ci impegna a riflettere. Le difficoltà tuttavia portano a riconoscimenti più esaltanti: il numero di tesori di cui è disseminato il terreno è maggiore all’aumentare della complessità del sentiero.

Ad un certo punto, ad affiancarci nel cammino ci sarà una figura femminile, che da quel momento in poi non ci lascerà mai più soli. La prospettiva di una vita in solitudine non è certo allettante, ma proseguire il percorso in due ci impedirà di percorrere le parti più intricate del labirinto, quelle cioè sature di tesori.

L’autore, Jason Rohrer, sviluppa il gioco alla soglia dei suoi trent’anni, come una sorta di monito: ricordati che devi morire. Passage è una poesia interattiva autobiografica che raccoglie in soli cinque minuti il significato di una vita o di tutte, un’opera d’arte di cui la definizione “video gioco” non riesce a coglierne appieno l’essenza.

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Photo by gavinbloys